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"Avere qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. 

Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Non porsi limiti di tempo"

don lorenzo milani

Immagine del redattoreStefano Motta

Dante alla maturità

I versi della Commedia che mi piacciono di più sono sempre stati questi:


“Tratto t’ho qui con ingegno e con arte;

lo tuo piacere omai prendi per duce;

fuor de’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte.

[…]

Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno:

per ch’io sovra te corono e mitrio”


Sono le ultime parole di Virgilio, che più tardi si accomiaterà da Dante ma che da qui in poi non parla più. Prima incaricato, lui, relegato nel Limbo, di guidare il nasuto fiorentino all’Inferno e poi su, oltre le balze del Purgatorio, ma non degno ora di salire oltre, poiché nato prima di Cristo, e non battezzato. Ho sempre trovato molta tristezza in queste parole, e insieme la fierezza dignitosa del maestro che sa guidare e lasciar andare, che sa correggere e sa premiare. Basterebbe questo, più che altre virtù da catechismo, a renderlo degno di accedere al Paradiso.


«Ti ho condotto sino a qui – dice Virgilio a Dante al canto XXVII del Purgatorio – con ingegno e arte, con quel misto cioè di conoscenze e intuizioni, con gli espedienti che di volta in volta sono riuscito a trovare, grazie alla mia esperienza. Ormai però è tempo che tu ti faccia guidare (“duce”, come “duca”, viene dal latino dux e per i normali significa “guida”, non dittatore): ormai sei uscito dai percorsi ripidi (erti) e stretti (arti).

Non aspettare più un mio “via libera”: la tua volontà ormai è matura, e sarebbe un errore se tu non obbedissi a lei. Per questo io ti proclamo signore di te stesso».


Sono stato un po' verboso nella mia parafrasi: la vignetta di Marcello, che prendo a prestito dal suo Dante. La Divina Commedia a fumetti (Shockdom), è più efficace.


L’ho detto ai miei alunni di Quinta che ho salutato l’ultimo giorno di scuola in attesa di rivederli, uno a uno, al colloquio di Maturità, e vorrei dirlo idealmente a tutti i maturandi: viene il momento in cui i vostri professori, i vostri maestri, fanno un passo indietro e vi lasciano la scena.

Voi avrete paura di non essere pronti a sufficienza, di non aver studiato tutto quello che avreste dovuto, di non essere sicuri come vorrete: nessuno è mai pronto, nella vita.

Solo gli imbecilli si sentono pronti a prescindere.

Sei pronto perché te lo dicono gli altri.

Se stessi alle tue sensazioni non ti alzeresti dalla panca quando l’allenatore ti chiama per entrare in campo, non ti butteresti dal trampolino per un tuffo, non ingraneresti la prima marcia dell’auto, non scaleresti quella parete. Occorre sempre qualcuno che ti dica: vai, sei pronto. Te lo dico io che sei capace: fidati!

Che nessuno matura da solo.

Maturi grazie a chi ti ha seminato in quel luogo, ti ha curato, ti ha concimato (sì, la vita non è mica solo poesia, è anche puzza, che “dai diamanti non nasce niente”, cantava un altro immenso poeta italiano), ti ha raddrizzato quando doveva, maturi grazie alla pioggia, e al sole, e al solo paziente passare del tempo, sempre uguale, noioso, giorno dopo giorno, che poi è l’esercizio del crescere, e dello studiare anche.

E sei maturo quando qualcuno ti coglie: lo decide lui che è il tuo tempo. Perché se non ci fosse una mano a coglierti e dipendesse solo da te, marciresti sulla pianta e crolleresti poi al suolo, sprecato. È così anche nell’amore, se ci pensi.

Avrai la sensazione di non essere pronto per l’Esame: il giorno prima questo dubbio assale tutti, anche quelli “bravi”. Anzi, forse loro sono quelli persino più insicuri degli altri. E mentre ascolti gli esami degli altri questa sensazione di impreparazione si accresce. Poi quando tocca a te, sei pronto. Lo diventi mentre parli, mentre l’esame si dipana, e tu ti sciogli. Pronti non si è, si diventa.

Ma tu fidati di chi ti ha ammesso all’Esame: non è vero che tanto si ammette tutti, che tutti vanno avanti, qualcuno per merito, qualcun altro per una pedata nel didietro. Se le tue guide ti hanno detto “vai avanti” è perché sei pronto, anche se tu non ne sei del tutto convinto.

E allora fai come ti dice “il tuo senno”: osa, al colloquio d’esame. Abbi coraggio, percorri la strada che senti tua, non aspettare il permesso del docente: sarebbe “un fallo”, un errore.

Non lo dico io a te, che io e te non siamo nessuno. Scrive Dante che glielo ha detto Virgilio: vuoi non ascoltarli?

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